Galliano

GALLIANO

Caratteristico borgo nel Comune di Barberino di Mugello ai piedi dell’Appennino, dall’Alto Medioevo Galliano fu legato agli Ubaldini e alle vicende della famiglia. Di un “castrum Galliani” si parla già in un documento del 1048.
Il toponimo non sembrerebbe legato alla presenza in epoca preromana dei Galli –come invece nel caso dei Liguri Magelli, che hanno dato denominazione all’intero territorio-, bensì al gallo, animale raffigurato su almeno una delle porte di ingresso al borgo.
Nel 1010 che compare la definizione “alpes Ubaldinem” per indicare i territori più settentrionali del loro feudo, che nel 1186 venne diviso tra i figli di Ubaldino e Greccio di Ottaviano, dando origine a tre diversi rami della dinastia: Galliano, Senni e Montaccianico.
Il borgo era protetto da mura in ciottoli di fiume e si formò spontaneamente ai piedi del castello, detto “Palazzaccio”. Le abitazioni civili, strette ed alte, si svilupparono lungo la via centrale; una di esse veniva usata dagli Ubaldini come casa di rappresentanza.

All’esterno delle mura nel 690 Adonaldo degli Ubaldini edificò un edificio di culto e un monastero femminile. Secondo la tradizione la nuova chiesa, dedicata a San Bartolomeo apostolo, fu consacrata nel 1163 dall’inglese Thomas Becket, Arcivescovo di Canterbury e Santo Martire della Fede in fuga verso Roma. L’edificio attuale risale alla metà del XIX secolo e conserva preziose opere d’arte, tra cui una Madonna col Bambino su tavola del Duecento su fondo oro attribuita a Margaritone d’Arezzo, una tavola attribuita a Filippino Lippi e gli affreschi di Tito Chini nella cupola del coro, risalenti al 1920. Dal chiostro annesso alla chiesa si accede all’oratorio della Compagnia, in cui si conserva un’Annunciazione attribuita alla bottega del Ghirlandaio.
Nel 1220 l’Imperatore Federico II -e forse già prima di lui il nonno Barbarossa- fu ospite nel paese e concesse agli Ubaldini potere assoluto su cose e persone, come sancito dall’atto ufficiale del 25 novembre 1220, i quali possedevano anche l’antica villa del Monte, dov’è stata trovata un’antica iscrizione risalente all’inizio del XII secolo, e dove nel XVI secolo si sviluppò una fabbrica di ceramiche parallela a quella della vicina Villa medicea di Cafaggiolo.
Un’importante fonte di reddito era per loro il controllo della via verso nord e del Passo dell’Osteria Bruciata, dove era richiesto il pagamento di un pedaggio; Galliano era l’ultimo paese fortificato prima dell’Appennino e perciò divenne punto di sosta dotato di un hospitale per i viandanti. Oggi il passo è attraversato dal percorso escursionistico La Via degli Dei, che permette di rivivere la suggestione dei luoghi, rimasti immutati nel tempo; da qui passarono alla fine del Duecento Papa Gregorio X diretto al Concilio di Lione e, secondo alcuni studiosi, lo stesso Dante Alighieri quando si recò a Bologna nell’estate del 1286. Il Poeta rimase in città per circa un anno, probabilmente ne frequentò l’Università e conobbe il teologo francescano Bartolomeo da Bologna, da cui riprese l’idea dell’Empireo; al soggiorno bolognese Dante farà inoltre riferimento nel suo primo sonetto della Vita Nova (No me poriano giamai fare ammenda), nella Commedia (Inf. XXIII, XXXI) e nel De Vulgari Eloquentia.

Per la sua importanza strategica e il rifornimento di prodotti agricoli, dalla fine del Duecento Galliano entrò nelle mire espansionistiche del Comune di Firenze, che a più riprese (nel 1201, 1308 e 1322) stipulò con i feudatari un accordo per tutelare i viaggiatori che transitavano in quelle zone, con cui gli Ubaldini si impegnavano a proteggere e a risarcire i cittadini fiorentini in caso di aggressione. Il ripetersi di questi episodi e il mancato rispetto del patto costrinse Firenze a rispondere con le armi. Gli stessi motivi portarono gli Ubaldini ad inimicarsi anche la città di Bologna: nel 1276 il governo bolognese si lamentò pubblicamente dei feudatari, definendoli dei briganti.
Nel 1302 gli Ubaldini, ghibellini per tradizione di famiglia, aderirono all’accordo di San Godenzo e alla Lega che comprendeva gli esiliati bianchi –tra cui Dante-, i ghibellini fiorentini e romagnoli, Pistoia e Bologna.
La prima guerra mugellana portò Firenze ad occupare il castello di Galliano (Dino Compagni, Cronica, II, 29), che dopo poco venne riconquistato dai feudatari.
Tuttavia, nel 1306 Bologna cambiò schieramento e Pistoia cadde, così che gli Ubaldini si ritrovano senza alleati e assediati nella loro fortezza principale, il castello di Montaccianico; con la conquista fiorentina e la distruzione di Montaccianico (1306), anche Galliano perse importanza e il percorso dell’Osteria Bruciata cadde in disuso a favore di una nuova via di comunicazione che passava dalle “terre nuove” Castel San Barnaba (attuale Scarperia) e Firenzuola, presidi fiorentini a controllo del territorio e della viabilità.
Nel 1351 i milanesi, diretti a Scarperia, conquistarono Galliano ed altre terre del Mugello, occupando il castello e saccheggiando le abitazioni del circondario; respinti i Visconti, nel 1352 Firenze decise di far abbattere il castello per evitare un futuro che potessero tornare utile ai nemici della Repubblica. Nel 1364, tuttavia, realizzò di aver fatto un errore, risarcendo i cittadini e facendo riedificare sia il castello che la rocca. Piegati gli Ubaldini, Firenze sviluppò la vocazione mercantile del paese; resta oggi la porta fiorentina, rivolta a sud, insieme a tratti di mura.
Nel XV secolo Galliano riacquista vitalità ed importanza grazie ai Medici, originari di queste zone, che vi acquistarono poderi e terreni; alla fine del secolo, con l’esilio momentaneo della famiglia, gli Ubaldini rientrarono in possesso della zona e diedero impulso alla crescita del borgo.
A Galliano hanno avuto origine personalità importanti in ambito musicale: Marco da Galliano (1582–1643), maestro di cappella della Cattedrale di Santa Maria del Fiore di Firenze e dei Medici, e Domenico del Mela, costruttore intorno al 1731 del primo pianoforte verticale, conservato alla Galleria dell’Accademia di Firenze, su disegno del maestro Bartolomeo Cristofori.
Con la morte di Giuseppe Ubaldini nel 1804, Galliano passò nelle mani della famiglia dei Geppi, che eresse e consacrò la nuova chiesa di San Bartolomeo e si occupò della manutenzione di altri edifici tuttora esistenti.