Nei dintorni di Marradi

NEI DINTORNI DI MARRADI

Gamberaldi (Camparaldum o Campus Araldi), si trova a breve distanza sia da Marradi che da Palazzuolo sul Senio. Nel Medioevo il castello appartenne ai Conti Guidi per concessione degli Imperatori Enrico IV (1161) e Federico II (1220); venne poi acquistato nel 1251 da Pietro e Bonifacio dei Pagani di Susinana, padre e zio di Maghinardo, per 300 lire ravennate. Il contratto fu rogato l’11 agosto sotto il portico della Chiesa di Santa Maria a Rio Cesare nel Castello di Susinana, altra proprietà dei Pagani, distante solo pochi chilometri e  raggiungibile a piedi attraverso le montagne. Nella seconda metà del Duecento Maghinardo, ’l dimonio dei Pagani, implementò la struttura difensiva del castello, data la sua importanza strategica; posto sulla linea di confine tra le valli del Senio e del Lamone, fu cuore e punto nevralgico del suo feudo. Alla sua morte nel 1302, passò per testamento al fratello naturale Ugolino e quindi agli Ubaldini, che nel 1362 lo cedettero a Firenze insieme ad altri castelli e possedimenti.
Per quasi 500 anni fu terra di confine con lo Stato Pontificio lungo “Le  Vie del grano e del sale”, per tale motivo incline al contrabbando e all’evasione delle tasse di dogana e del dazio su merci quali il sale e il grano che provenivano dalla Romagna, e l’olio e il vino dalla Toscana.
Nel Cinquecento divenne proprietà della Famiglia Cavina-Pratesi, attuale proprietaria della Villa e dell’importante archivio al suo interno; il Borgo di Gamberaldi oggi è il risultato del collegamento di tre antiche torri trecentesche raccolte attorno al prezioso Pozzo delle Corti. Nel Settecento liti e disaccordi interni alla famiglia favorirono i Fabroni, che avevano delle proprietà nella zona; per tale motivo sulla Villa compare l’araldica di entrambe le famiglie.
La particolare posizione geografica ha reso nel tempo Gamberaldi il fulcro di una fitta rete di sentieri usati da finanzieri e contrabbandieri, patrioti e carbonari e persino da Giuseppe Garibaldi  nella notte tra il 22-23 settembre 1849, mentre era in fuga dallo Stato Pontificio dopo la caduta della Repubblica Romana e la morte di Anita. Oggi il percorso è noto come il “Sentiero di Garibaldi”, ed è stato completamente recuperato e segnato.
Durante la Seconda Guerra Mondiale Gamberaldi si trovò lungo la Linea Gotica e dopo un periodo di abbandono il Borgo è tornato a ripopolarsi in seguito alla scelta di alcune famiglie, tra cui gli antichi proprietari della Villa, di tornare e restaurare gli edifici, per offrire ospitalità in questo luogo ricco di storia e natura.

S. ADRIANO
Il paese si raggiunge a piedi dalla vicina stazione del treno a Popolano. In tempi recenti, S. Adriano ha dato i natali al famoso pittore Naif Francesco Galeotti (1920-2011). Dell’importante passato medievale e del Castello di Benclaro resta la casa torre denominata Casa Cappello, in cui il 27 agosto del 1302 dopo l’ora terza e dopo pranzo, morì Maghinardo Pagani.
Alla fine del XIII secolo “castro Benclari” era il castello più importante di tutta l’alta valle del Lamone, dove Maghinardo aveva altri possedimenti -come Castiglionchio a Marradi e Gattara-, molto più scomodi e lontani dalla viabilità di fondo valle; per tale motivo preferiva risiedere a Benclaro, dove poteva un tenore di vita più agiato e, nello stesso tempo, rimanere in contatto diretto con la fortezza sovrastante, che aveva funzione di vedetta e di estrema difesa.
Il borgo di Benclaro comprendeva la rocca con il mastio, le mura e un imponente palazzo-torre circondato da edifici alto circa 20 metri con attorno altri edifici, abitazioni e la chiesa dedicata a S. Adriano; qui venivano redatti gli atti civili del signore del castello. Il palazzo (ora torre di casa Cappello) era stato costruito nel 1235 da Pietro di Pagano, padre di Maghinardo (morto tra il 1265 e il 1273) e dallo zio Bonifacio (morto in battaglia su un ponte della Galisterna nel 1273), a controllo del commercio di derrate alimentari verso la Toscana e Firenze. Alla metà del Duecento il governo degli Anziani di Firenze aveva stipulato con Pietro Pagani un contratto della durata di otto anni per il rifornimento di cereali, facendosi rilasciare in pegno, per garanzia, il suo castello di Castiglionchio nella valle del Lamone, e pagando in anticipo una cifra convenuta per il grano che sarebbe stato fornito solo a lunghi intervalli.
Una curiosità: in origine il palazzo-torre era più alto di due piani dell’attuale Casa Cappello e per motivi di sicurezza aveva l’ingresso rialzato rispetto al livello del terreno (come nella casa-torre dei Visdomini in via delle Oche a Firenze) e ci si poteva accedere solo attraverso scale a pioli rimovibili. Una scala in pietra all’interno di un fabbricato vicino, portava invece ad un ampio scantinato posto sotto la torre, qui una vecchia apertura tamponata si dice celasse una galleria di comunicazione con la rocca. In seguito è stata realizzata una scala esterna per accedere al primo piano sul retro della torre, attualmente abitazione privata.
Maghinardo nel suo testamento lascia il castello di Benclaro, con i benefici del pedaggio che si facevano pagare, alla figlia Francesca moglie di Francesco Orsini. Nei documenti successivi non si parlerà più di castello, ma di Villa (1371), fatto che denota una trasformazione del complesso; quando nel 1428 Averardo dei Medici conquista la rocca di Castiglione, nelle cronache della spedizione viene annotata la presa del castello di Gamberaldi, si parla del castello di Gattara ma non si trova mai nessun riferimento al castello di Benclaro, sicuramente a quella data Benclaro non aveva più nessun valore strategico. È probabile che il castello sia stato assediato e danneggiato irreparabilmente nel 1321 quando vi abitava la figlia di Maghinardo, “Francesca, che con Francesco Orsini suo marito abitava nel castello di Benclaro o di Santo Adriano dentro la valle di Amone, mal ricordevole dei comandamenti del suo gran genitore aveva negato di pagare le mille lire’’ ai faentini.

BADIA DELLA VALLE
Badia della Valle è un antico monastero nella Valle Acerreta, fondato da San Pier Damiano nel 1053 insieme all’Eremo di Gamogna, con il quale costituiva un tutt’uno; la Regola dei frati era molto rigida e i frati penitenti alternavano un periodo al cenobio di Badia con un periodo all’Eremo. Della chiesa rimangono la cripta voltata ad arco con la colonna centrale di sostegno, trasformata in cantina per conservare il vino. Una scaletta conduce alla canonica, officiata in occasione di particolari festività religiose. Al muro una lapide scolpita con dei bei caratteri latini dice: “Questo edificio, iniziato nell’anno 1329 e portato a termine nel 1334, al tempo di papa Giovanni XXII, papa piissimo, dal reverendo signor Andrea di Vidigliano, degnissimo abate di questo monastero”. I monaci avevano anche il mulino, le cui macine sono appoggiate al muro all’entrata nel sagrato.
Da Badia della Valle si possono raggiungere a piedi Lozzole, San Benedetto in Alpe, gli antichi eremi Gamogna e di TREBBANA, luogo suggestivo e isolato dove si trovano la canonica e la chiesa di San Michele, antico edificio originariamente di proprietà dei vescovi di Faenza fino a quando, nell’anno 1063, fu donata a San Pier Damiani per gli eremiti di Gamogna.
Oltrepassata una fonte si attraversa il prato e, costeggiandolo sulla destra, si riprende il sentiero CAI 549 che in breve porta ad una quercia monumentale con un tronco che sfiora i 5 metri di circonferenza, indicata anche nelle mappe catastali e carte geografiche militari.

EREMO DI GAMOGNA
L’Eremo si trova nell’Alpe di San Benedetto, ai piedi del Monte Gamogna; fondato da San Pier Damiani nel 1053, è dedicato a San Barnaba ed era usato per ritiri spirituali dai monaci Camaldolesi della sottostante Badia della Valle, raggiungibile a piedi.
Nel 1532 l’eremo di Gamogna venne chiuso per mancanza di monaci e trasformato in chiesa parrocchiale, dipendente da San Lorenzo a Firenze, per passare nel 1866 alla diocesi di Modigliana. Il 10 luglio 1944 nelle vicinanze furono uccisi, i partigiani Bruno Neri e Vittorio Bellenghi. Nel secondo dopoguerra l’Eremo fu abbandonato e cadde in rovina, ma nel 1991 don Antonio Samorì e di molti volontari iniziarono i restauri che hanno riportato la struttura al suo antico splendore e al suo ruolo di accoglienza, spiritualità e preghiera, grazie alla presenza delle monache delle Fraternità monastiche di Gerusalemme. Presso l’Eremo è infatti possibile soggiornare in celle riservate, previo appuntamento, godendo della pace del luogo e della magnifica vista sul paesaggio circostante.
L’Eremo è costituito da un complesso di edifici: il chiostro, le celle dei monaci, il forno, gli essiccatoi e la stalla. La Chiesa mantiene l’originaria struttura romanica con facciata a capanna, orientamento verso Est e abside semicircolare con tetto conico rivestito di lastre di ardesia e un campanile a vela..